mercoledì 16 marzo 2016

Pantani: i dettagli sconvolgenti del rapporto dei nas sul controllo antidoping del 5 giugno 1999



Dopo le rivelazioni degli ultimi giorni in merito al caso Pantani emergono ulteriori dettagli interessanti sulla vicenda.  Per i Pm, come è ormai noto, a ordinare la fine sportiva di Marco Pantani, a due tappe dalla vittoria del Giro d’Italia del 1999, potrebbero essere stati direttamente i clan di Secondigliano. Mentre ad agire fu qualcun altro. Qualcuno che poteva aver accesso alle provette per manipolare il sangue ( esattamente il termine tecnico è la deplasmazione del sangue). 
Ma come si fa a manipolare una provetta di sangue? L'immagine sovrastante è abbastanza esplicativa di come viene calcolato il valore dell'ematocrito. Il sangue è composto da Plasma e Globuli Rossi. Se la percentuale di globuli rossi è superiore a 50 si superava il limite imposto all'epoca dai regolamenti UCI e si veniva esclusi da qualsiasi corsa per motivi di salvaguardia della salute del corridore.  
In un’ora dal prelievo in un campione avviene la separazione tra plasma e parte corpuscolare, ma basta aspettare meno, anche venti minuti, e poi sottrarre dal plasma una piccola quota con una pipetta pasteur per alterarla. 
Una procedura che farebbe aumentare il valore dell’ematocrito e scendere quello delle piastrine: esattamente quello che si verificò sul campione di sangue di Pantani. Tesi confermata dagli esami a cui il Pirata si sottopose all’ospedale di Imola poche ore dopo, e che infatti diedero esito diverso: ematocrito più basso (sui valori della sera prima, attorno a 46) e piastrine normali.
E fu proprio questo che accadde al Pirata. La sua provetta fu alterata e di conseguenza il valore di ematocrito risultò essere superiore al limite consentito e fu così estromesso dal Giro d'Italia del 1999. 

La ricostruzione dei fatti mostra una strana coincidenza. Fino ad oggi sembrava che nella stanza dell’hotel Touring di Madonna di Campiglio in cui fu effettuato il prelievo di sangue a Pantani fossero in tre: i medici dell’ospedale Sant’Anna di Como, Michelarcangelo Partenope e Eugenio Sala, e l’ispettore Antonio Coccioni.
Le indagini dei carabinieri hanno invece accertato che c’era anche una quarta persona, cui nessuno degli altri presenti, in questi 17 anni, aveva mai fatto cenno. Il commissario Uci, Wim Jeremiasse.
Proprio Jeremiasse, poco dopo aver appreso del risultato del test sul sangue del Pirata, di fronte al suo autista disse: "Il ciclismo è morto".
Peccato non si possa chiedere a Jeremiasse cosa intendesse con quella frase: è misteriosamente scomparso soltanto 8 mesi più tardi, sprofondando con l’auto in un lago austriaco ghiacciato.

Insomma un vero Thriller! 

A questo punto diventa inevitabile partire dai medici che hanno nascosto per così tanto tempo il nome di Jeremiasse.

Perché lo hanno fatto? Cosa è successo in quella stanza? Il loro comportamento e le loro contraddizioni compongono «un inquietante quadro di manipolazioni, omissioni, falsità poste in essere e portate avanti nel tempo», secondo i carabinieri del reparto operativo dei Nas di Roma, che infatti avevano chiesto due volte al Gip (senza ottenere il via libera) di intercettare le loro utenze telefoniche. Intercettazioni che magari avrebbero potuto dimostrare una «attività di costrizione posta in essere a carico di medici e ispettore, costringendoli a eseguire la manipolazione del campione ematico». Legittimando in questo caso l’ipotesi di un’estorsione.

Ancora più anomala è la vicenda delle provette utilizzate per raccogliere i campioni ematici di quella mattina del 5 giugno 1999. Normalmente tali provette vengono utilizzate in modo progressivo ma quella mattina successe qualcosa di strano. 
Per i primi 5 atleti venne rispettato l'ordine delle fiale numerate dalla prima la 11435, alla quinta, la 11439.
Al ciclista successivo a cui fu chiesto di sottoporsi alle analisi, Marco Velo ( compagno di squadra di Pantani alla Mercatone Uno) spetterebbe la provetta numero 11440 ma gli fu assegnata la provetta 11441. 
Successivamente toccherebbe a Pantani, che però era in ritardo e Savoldelli, stufo di aspettare, venne autorizzato ad effettuare il prelievo prima di lui. Il suo sangue andò nella provetta 11442. Quando arrivò Pantani, a lui toccò la 11440. Oltre a non rispettare la progressione numerica, era l’unica provetta con il numero zero. Una particolarità che agli occhi degli inquirenti la rende «inequivocabilmente riconoscibile ». 

A questo punto sembrerebbe chiaro l'andamento di cosa effettivamente accadde quella mattina e l'unica cosa che vien da dire è un grazie a tutte le persone che hanno cercato la verità per tutti questi anni. In primis la mamma (Tonina) e il papà (Paolo) ma anche i vari avvocati, pm, senza dimenticare il giornalista Davide De Zan che con il suo libro ha riacceso i riflettori sulla vicenda. 


Significative le parole della mamma del Pirata  (Tonina Pantani) 
“Finalmente qualcuno e’ riuscito a fare un buon lavoro, dopo tanti anni che cerco e leggo da tutte le parti. Devo ringraziare i ragazzi di Forli’, che ci hanno messo un grande impegno. Non mi ridanno Marco, logicamente, ma pensi gli ridiano la dignita’, anche se per me non l’ha mai persa. Le parole di questa intercettazione fanno male, e’ una conferma di quello che ha sempre detto Marco, cioe’ che l’avevano fregato. Io mio figlio lo conoscevo molto bene: Marco, se non era a posto quella mattina, faceva come tutti gli altri. Si sarebbe preso quei 15 giorni a casa e poi sarebbe rientrato, calmo. Pero’ non l’ha mai accettato, non l’ha mai accettato perche’ non era vero. Finalmente la gente ora potra’ dirlo, anche se tanta gente sapeva che l’avevano fregato. Io sono molto serena oggi: finalmente sono riuscita e sono riusciti a trovare queste cose”.

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